Emilio Borsa (Milano 1857 – Monza 1931) è figlio d’arte: suo padre Paolo era pittore e sua madre era sorella del grande pittore Mosè Bianchi. Emilio, dunque, era parte di quella progenie che diede i natali anche ad altri importanti artisti, quali Gerardo Bianchi e Pompeo Mariani. Milanese di nascita, Borsa giunge a Monza ancora giovanissimo, con la famiglia. Egli si forma all’Accademia di Brera, con Luigi Scrosati e Luigi Riccardi; a Milano entra in contatto anche con gli Scapigliati, con i quali intrattiene contatti amichevoli. Liberatosi progressivamente dai retaggi accademici che caratterizzano le sue prime opere, Borsa sceglie ben presto come proprio soggetto d’elezione il Parco Reale di Monza. A differenza del cugino Pompeo Mariani, Borsa non spazia tra soggetti diversi, ma resta fedele alla città e al territorio monzese, sebbene il suo talento pittorico gli avrebbe certamente concesso di osare di più. Egli predilige tele e tavolette di piccole dimensioni, con poche eccezioni (su tutte Foglie morte, opera che vince il Premio Principe Umberto nel 1910). Lontanissimo dalla società mondana protagonista di molte opere di Mariani, egli si dedica, con la sua tavolozza dal cromatismo schietto e la sua pennellata vicinissima a quella dello zio Mosè Bianchi, soprattutto all’ambiente rurale. Le campagne brianzole attraversavano una fase di profondi cambiamenti: alla società agricola della prima metà del secolo si stava progressivamente sostituendo un nuovo sistema sociale basato sull’artigianato e le manifatture, soprattutto quelle della produzione e lavorazione della seta e, in seguito, del cotone. La fase di preindustrializzazione, che a Milano aveva già trasformato i territori agrari in periferie urbane, cominciava a farsi sentire anche in provincia. Le opere di Borsa testimoniano questo profondo e rapido cambiamento. Il dipinto in collezione, firmato e datato, rappresenta uno scorcio di paesaggio risolto con pennellata sciolta e vibrante, già consapevole delle novità di fine secolo espresse dalla pittura tardo impressionista e divisionista, ma ancora radicato ai valori del naturalismo lombardo. La tela reca sul retro un’etichetta che ne certifica la presenza alla Mostra commemorativa organizzata nel 1958, in occasione del centenario della nascita dell’artista, presso l’Arengario di Monza.
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