Nato a Firenze il 13 marzo 1862, secondogenito di Carlotta Masi, contadina, e di Luigi, stipettaio, Panerai lavora come falegname fino ai quindici anni e poi, dal 1877 al 1881, frequenta l’Accademia di belle arti di Firenze, entrando quindi nello studio di Giovanni Fattori a cui si legò profondamente. La sua opera è fortemente improntata sull’insegnamento del maestro macchiaiolo, in particolar modo sulla produzione di soggetti militari, che egli traduce con linguaggio aggiornato ai modelli francesi, conosciuti dapprima anche grazie all’amicizia con i fratelli Gioli. In seguito, si recherà egli stesso nella capitale francese, dove morirà nel 1923. L’opera in collezione è un ottimo esempio della pittura di questo artista, che media la lezione fattoriana con un naturalismo dai toni più edulcorati, dagli accenti intimi, secondo una tendenza allora piuttosto in voga anche negli ambienti legati alla pittura di Macchia. Egli osserva con attenzione la pittura di Francesco e Luigi Gioli, dei Tommasi (i fratelli Angiolo e Ludovico e il cugino Adolfo) e di Egisto Ferroni, tutti artisti che si sono formati nell’ambito macchiaiolo e che hanno poi rivolto una particolare attenzione alle novità provenienti da Parigi. Dagli anni Ottanta del XIX secolo, nella pittura di Panerai entreranno addirittura suggestioni impressioniste, modellate in particolare sull’esempio di Edgar Degas e Gustave Caillebotte. Altre opere, invece, tradiscono un tocco mondano, vicino a quello del toscano Vittorio Matteo Corcos, che occasionalmente rientrava dalla Francia a Livorno, sua città natale, e quello di Giuseppe De Nittis, da sempre vicino agli ambienti macchiaioli, ma legatissimo anche a quelli parigini. Per ragioni di mercato, Panerai dipingerà anche scene in costume settecentesco, in linea con la moda imperante. Nonostante queste molteplici influenze, nelle sue opere, soprattutto quelle con soggetto militare, resta sempre profonda la radice fattoriana. L’opera in collezione appartiene a quelle in cui è più evidente la discendenza dal maestro macchiaiolo: gli esempi della tradizione toscana di Giovanni Fattori e Telemaco Signorini, seppur edulcorata e resa più piacevole nel dettaglio narrativo e nella definizione delle figure in primo piano, emergono con chiarezza. Splendidi i cavalli, che confermano l’abilità dell’artista di dipingere gli animali, spesso protagonisti delle sue tele. In questo caso il cavallo non è associato alla vita militare, come spesso succede nella produzione di Panerai, ma alla scena di mercato, che trova riferimenti nelle composizioni dedicate ai butteri realizzate da Giovanni Fattori nella fase più matura della sua produzione e nei mercati fiorentini e liguri ritratti da Telemaco Signorini.
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